Io ho svolto il mio anno di Servizio Civile in Madagascar, nella sede di Ivato, ed è stata un’esperienza unica e meravigliosa. Ho vissuto in una comunità di suore salesiane, accanto a un orfanotrofio femminile, lavorando in una scuola superiore professionale. La comunità era sempre piena di giovani che ti salutavano, con quella divisa sempre mezza aperta, un pallone in mano o un libro per chiedere consiglio al professore. Le bambine dell’orfanotrofio durante la settimana erano sempre belle ordinate con il loro grembiule blu e alcune anche con uno zaino più grande di loro, che già alle 7:00 di mattina si incamminavano verso scuola e tornavo ancora più cariche d’energia per giocare tutto il pomeriggio.
La nostra giornata era dettata da degli orari precisi e puntuali. Colazione pranzo e cena avevano il loro orario, così come la preghiera del mattino e del pomeriggio, l’ora di studio delle bimbe, la ricreazione della scuola e l’ora per andare a dormire e svegliarsi l’indomani. In questa comunità non hai bisogno di un orologio, la vita scorre veloce ma puntuale. Le attività che abbiamo realizzato e preso parte sono tante e tutte diverse tra loro: torneo di calcio, torneo di basket, laboratorio di cucina, creazione di vestiti e centrotavola, giochi sportivi all’aperto, insegnamento attivo della lingua inglese, corsi di lingua italiana, cinema all’aperto, conoscenza di tutti i balli e canzoni malgasce, gite fuori porta, e tante altre ancora. La comunità, con le sue suore, è accogliente e ricca d’amore. Sono state per noi le nostre consigliere e fonti di informazione e comprensione di un contesto così difficile che è quello del Madagascar. Grazie a loro abbiamo compreso che noi siamo e saremo sempre dei VAZAHA “stranieri”, ma con un significato molto più profondo di quello dell’essere diverso ed esterno al territorio. Ogni malgascio è curioso nei tuoi confronti, non comprende come mai un “bianco ricco e fortunato” sia ANDATO lì da loro, a prendere degli autobus pubblici con tante persone dentro e a vestire le loro stoffe colorate. Il Madagascar e i malgasci sono abituati a ricevere un turismo straniero silenzioso, di persone che una volta atterrate in aeroporto, hanno già una macchina privata che li porta in un oasi dove saranno circondati da altri bianchi, senza vedere o non volendo vedere quale sia il vero contesto locale. Allora è bello, stancante, ma comprensibile il loro costante sguardo verso di te perché, se vivi, mangi e passeggi insieme a loro, sei proprio una novità ai loro occhi. Un anno all’estero non è poco, all’inizio hai una voglia matta di partire, se il volo ritarda anche solo di un giorno, sei li nella tua stanza arrabbiato perché saresti già potuto essere li. Ma, una volta arrivati, il tempo passa veloce ma un anno è sempre un lungo periodo della tua vita. Imparerai a conoscerti, a scoprire nuovi lati negativi e positivi della tua persona, aspetti che non credevi di avere, una resistenza fisica e morale che crescerà insieme a te. Diventerai più selettiva, più cosciente, in generale, più matura. Perché quello che tu vivrai giornalmente ti toccherà dentro, sentimentalmente e ogni giorno dovrai fare delle scelte. Ti innamorerai di un contesto difficile, ma dovrai anche essere brava a distinguere la tua missione dal tuo essere e a ragionare a mente lucida in situazioni difficili e ambivalenti. L’anno di Servizio Civile serve proprio a questo, a farti innamorare come una sedicenne ma a farti crescere come una madre di famiglia. È intenso, è bello e ti mancherà tanto una volta tornata a casa.
Fai questa scelta, a provare non si perde mai.
Marta, operatrice volontaria di Servizio Civile Universale in Madagascar