Sono passati poco più di tre mesi dal mio arrivo a San José in Costa Rica e ci sono tante cose che ho imparato, tante che devo imparare, molte che ho capito e altrettante che non capirò.
Qui la vita scorre a un ritmo tutto suo, non direi lento, ma nemmeno frenetico, forse solamente naturale. Le giornate iniziano con l’alba e finiscono al tramonto. Alle 5 e mezza/ 6 ci si sveglia con il profumo di tortillas e uova fritte, alle 7 di sera ci si da la buonanotte. A volte ci capita di parlare a bassa voce per non far rumore, ma poi guardiamo l’orario, sono le 21 e ci ridiamo su.
Le attività sono tante, c’è sempre qualcosa da fare e soprattutto qualcuno da aiutare, ma la vita ha una frenesia diversa da quella a cui ero abituata. Se il ritmo rallenta, le persone invece di impegnarsi subito in un’altra mansione, si prendono una pausa, approfittano del tempo disponibile per conoscersi meglio, per condividere un caffè. “Arriveranno delle settimane intense”- dicono – “bisogna prepararsi”. Altre volte, invece, si passa da un evento a un altro e soprattutto da una festa a un’altra così velocemente che non si ha nemmeno il tempo di realizzare cosa si sta vivendo. Inizialmente, accettare questi momenti liberi, i ritmi lenti e altalenanti mi ha fatto soffrire un po’, adesso, invece, sto imparando a seguire il corso delle cose così per come vengono, quasi sempre all’improvviso.
Le persone qui sono molto spontanee, se sei felice gioiscono insieme a te, ti mandano un Gracias o una benedición de Dios, se sei triste o ammalato ti danno uno dei loro consigli un po’ stravaganti, ma con un fondo di verità, simili a quelli delle nonne. Ho ascoltato tante storie di vita da quando sono qui, ogni giorno mi relaziono con tante persone e ho notato che da parte loro non ho mai ascoltato una lamentela. Quando ti incontrano ti chiedono subito come stai, poi se c’è un po’ più di tempo accennano a qualche disavventura vissuta e infine la conversazione si conclude sempre con un sorriso o uno sguardo di conforto. Spesso quel sorriso serve più a me per metabolizzare ciò che ho appena ascoltato, che a loro stessi che ormai delle difficoltà ne hanno fatto la normalità. La mia impressione è che le persone qui accettino il dolore, le difficoltà e i problemi così per come sono, senza drammatizzare, senza rassegnarsi, senza lamentarsi. Loro vanno avanti nonostante tutto. In più, trovano sempre il momento per fermarsi e scherzare, per gioire insieme a te.
Se da un lato mi ha stupita la resilienza e l’entusiasmo dei ticos, dall’altro ho appreso anche le condizioni di vita alle quali sono costretti molti di loro. In questi mesi ho imparato a conoscere le tante sfumature che può avere la povertà.
Ho conosciuto delle ragazze che vivono insieme ai fratelli, ai cugini, ai nonni, condividono due stanze e due letti, magari dormono tutti insieme, ma già solo per avere quel letto e la famiglia si sentono fortunate e benestanti. Ci sono ragazzi che a casa non hanno nemmeno un tavolo. Fanno i compiti e mangiano a terra, quando c’è il pavimento e se non c’è, siedono proprio sul suolo di terra e nonostante tutto non si lamentano di ciò che non hanno. Molti bambini e ragazzi non sanno mangiare con la forchetta, nelle loro case esistono solo i cucchiai. Tante famiglie vivono nelle case di lamiera. Io ho l’impressione che siano anguste e sottili, pronte a volare via con il primo temporale, a crollare con un soffio. Eppure sono le loro dimore, le stesse dalle quali bimbi, galline, anziani e signore sbucano all’improvviso e ti sorridono dalla porta o da quella finestra, sempre aperta, senza vetro e senza tende. Magari sono le dimore che si allagano ogni giorno, durante la stagione delle piogge, ma sono le stesse pronte ad accogliere le feste e il Natale.
Passeggiando per il centro di San José ho visto dei livelli di povertà indescrivibili. Non avevo mai visto dei poveri così poveri. In tanti dormono a terra, seminudi, sulle loro stesse ossa. Li chiamano indigentes, non hanno nemmeno uno zaino, le scarpe o una coperta. Spesso sono feriti o hanno la pelle segnata dalla droga. Nelle vie più affollate poi ci sono le famiglie venezuelane, mostrano i cartelli con la loro bandiera e il sogno statunitense, hanno gli occhi stanchi e vendono qualche caramella o chupa chups, con i quali nel frattempo si intrattengono i più piccoli insieme a loro. Camminando m’imbatto anche in anziani, vendono i biglietti della lotteria, ombrelli, cappelli, sono magrissimi. Bambini, famiglie, anziani e ragazzi… La povertà è in ogni angolo della città e non risparmia nessuno. Passeggiando incrocio tanti sguardi spenti, disperati, alcuni assenti e penso che ci sarebbe tanto da fare, ma spesso ritorno a casa solo con dell’angoscia.
L’unico lato positivo che vedo in tutto ciò è la forza delle persone: la loro volontà ad andare avanti, l’entusiasmo per la vita, la bontà verso gli altri. L’allegria e la creatività non mancano soprattutto in occasione delle festività. Se c’è da festeggiare si festeggia. Si canta, si balla, tutto diventa all’improvviso gioioso e colorato. Non mancano le decorazioni, i dolci, i gracias. Tutti contribuiscono dando il meglio di sé e persino chi non ha nulla, alla fine trova qualcosa da donare, come il braccialetto che una signora mi ha messo tra le mani in occasione della festa della gratitudine. Lei che non arriverebbe a fine mese se non grazie alle donazioni di cibo che riceve, è riuscita a farmi sentire speciale in quell’ occasione. In questo contesto, ogni gesto acquisisce più valore.
Infine, oltre alle varie festività, la via di fuga a questa realtà così difficile e complessa, a mio parere è la natura. La natura selvaggia, rigogliosa, verde e indomabile che regna in tutto il Costa Rica. Uscendo dalla città si nota subito che qui è l’uomo a farsi spazio nella natura e non viceversa. I paesaggi sono puri e incontaminati. Può persino capitare di intravedere le tracce di un vecchio ponte o di una strada in cui la natura ha ripreso il suo corso, con fiumi e vegetazione. I colori sono brillanti, gli animali vivono liberi, il verde circonda tutto dai vulcani alle spiagge. Quando viaggio qui in Costa Rica scopro sempre nuovi paesaggi, piante e animali, conosco nuove persone le nuove sfumature di gioia e povertà, ma nel frattempo mi ricarico per i momenti difficili che verranno, mi preparo per le cose che devo ancora scoprire, per le cose che devo ancora imparare.
Irene, operatrice volontaria in Costa Rica