La sveglia suona presto. Il primo buongiorno lo ricevo dai galli che cantano a squarciagola e da una numerosa e chiassosa famiglia di piccioni che vive sulla nostra terrazza. Spesso a svegliarci ci sono anche le grida incontrollate degli evangelici che, nonostante abbiano predicato tutta la notte, continuano imperterriti anche alle prime luci del mattino.
Elena è la prima che ha la forza di alzarsi dal letto, va in bagno ed io dentro di me la ringrazio per concedermi altri 5 minuti. Maria è di fianco a me che dorme beata, avvolta come un burrito nella sua copertina. Gianantonio sicuramente starà imprecando contro galli, uccelli e contro chi alle 6:40 di mattina spara a tutto volume una bachata o un dembow.
Sono le 7:10 e siamo tutti pronti.. o quasi… Maria si sta allacciando le scarpe con la solita calma imperturbabile che la caratterizza.
Così iniziano le mie giornate qui a Barahona, in Repubblica Dominicana con i miei compagni di servizio civile e insieme a loro mi dirigo a scuola, dove è proprio lì che inizia la magia.
Vorrei poter ricordare ogni attimo di questa esperienza. La gratitudine che provo ogni singolo giorno straborda, così come il mio cuore straborda d’amore per gli studenti della scuola presso cui svolgiamo il nostro progetto.
I bambini quando ci vedono iniziano a correre forte, senza fermarsi, senza voltarsi indietro. Gridando i nostri nomi si catapultano tra le nostre braccia con quanta forza hanno nei loro corpicini. Mi stringono forte, così forte da potermi spezzare ed io mi spezzo e mi sciolgo davanti a loro. Ci salutano come se fossimo la cosa più bella e più attesa della giornata. Ed è in quel preciso attimo, prima che le loro braccia si stringano a me, che il tempo rallenta e li vedo nella loro più pura ed autentica bellezza. Ogni giorno smuovono la mia anima, decontaminano il mio cuore e mi insegnano l’arte dell’ingegnarsi, della resilienza, della fragilità e della semplicità. Ogni mattina il mio petto si gonfia di gioia quando li vedo tutti in fila pronti a cantare l’inno con lo sguardo rivolto verso la bandiera che lentamente viene issata, ma soprattutto quando danzano. Tra i miei compiti qui a scuola c’è quello di gestire un laboratorio di danza. Come posso spiegare la bellezza di questi ragazzini che ballano. Il mondo può cadere, ma loro danzano e danzano senza stancarsi mai. Durante la ricreazione li vedo giocare, correre, fare ruote, lanciarsi gli uni addosso agli altri, improvvisare passi di dembow, di bachata o di merengue. Sto imparando così tanto da loro che sono così travolgenti, teatrali, disordinati, chiassosi, autentici, belli.
Hanno così tanto potenziale, così tanto talento che vorrei potessero guardarsi come li guardo io.
Tutta questa luce, però, nasconde delle ombre. Te ne accorgi lentamente quando loro ti consentono di entrare nelle stanze del loro dolore e della loro solitudine. Anche se il più delle volte preferiscono rinchiudersi in un silenzio ermetico e ciò che sappiamo è perché ci viene riferito da terzi. E quindi il mio sguardo si rinnova e penso a loro così giovani, indifesi, innocenti che vengono colpiti dalle fatiche della vita e penso a come facciano a sopportare il peso dell’abbandono, della perdita, dell’inganno, dell’abuso. C’è così tanta violenza intorno a loro, così tanta rabbia e aggressività che assorbono e riversano sugli altri. Non mi abituerò mai allo sguardo crudo e vuoto dei bambini quando si picchiano, né mi abituerò mai al fatto che si picchiano ferocemente come gli adulti.
Noi ci sforziamo di capire, ma come possiamo davvero comprendere la povertà, la fame, i traumi profondi che li marchiano? Siamo così inesperti, semplici «apprendisti della vita» e qui si fa sempre più chiaro che non esiste alcuna certezza nè alcuna verità assoluta.
Immergersi così tanto in un’altra realtà porta a questo, a perdere ogni punto di riferimento. Qui a Barahona si vive lentamente, si apprende ad apprezzare il momento, a rispettare il tempo delle cose senza affrettarlo. Cammino per le strade di questa città così problematica e anche se non è oggettivamente bella, io mi stupisco e mi lascio rapire dalla sua atmosfera. A primo impatto può spaventare ma se si guarda attentamente, c’è bellezza in ogni angolo. C’è bellezza nelle casette di legno colorate e sbilenche, nelle stradine sterrate, nei motorini che sfrecciano via trasportando impensabili oggetti. C’è bellezza nei mezzi di trasporto sgangherati, nel filo spinato che circonda le case e che funge da appendiabiti. Bellezza è vedere galli spennati che attraversano la strada, cani malconci e pulciosi che dormono a pancia in sù sul marciapiede, mucche e cavalli che passeggiano alla ricerca di erba da mangiare. Bellezza è la nonna che intreccia i capelli della nipote, è il bambino che corre libero e scalzo per strada, è la musica che accompagna ogni momento della giornata. Potrei continuare all’infinito, ma mi fermo qui.
Questa è una esperienza che porta a riflettere, a fare i conti con chi sei e cosa vuoi. Ti cambia lentamente e profondamente e per chi vorrà partire vorrei solo consigliare di essere fogli bianchi, di arrendersi, disarmarsi e lasciarsi assorbire, decostruire e ricostruire.
Sono Imma e questo è un piccolo scorcio sul percorso che sto vivendo in Repubblica Dominicana.
Immacolata, operatrice volontaria di SCU in Repubblica Dominicana