Servizio Civile Universale

In Madagascar si impara a rallentare. La testimonianza di Pieranna

Written by Francesca

Eccoci qui, dopo circa tre mesi e mezzo di permanenza in Madagascar, Paese che mi ha accolto per svolgere il mio servizio civile universale, a fare un primo resoconto di questa esperienza fino ad ora.
Mi guardo indietro, questi primi mesi sono volati ma allo stesso tempo mi sembra di essere qui da un vita!
Dopo mesi di attesa, speranze e preparativi, a fine settembre un lungo viaggio mi porta finalmente in Madagascar, un sogno che si realizza. Sbircio dal finestrino dell’aereo che ormai sorvola il Paese, il blu intenso dell’Oceano Indiano, il rosso vivo della terra malgascia ed il verde acceso delle risaie mi colpiscono.
All’arrivo, un uragano di emozioni; l’impatto con il Paese è stato molto forte.
Distese di risaie infinite, zebù che pascolano indisturbati, donne che fanno il bucato nel fiumiciattolo, accanto ai pescatori, appena fuori dal piccolo agglomerato di case in legno e lamiera, bambini, tanti bambini, che giocano scalzi nelle pozzanghere, la vita che scorre lenta. Queste sono le prime immagini di questo incredibile Paese che rimangono impresse nella mia mente.
La comunità di San Joseph di Antananarivo è molto viva, c’è sempre un via vai di persone; l’accoglienza delle suore è stata meravigliosa e da subito mi sono sentita a casa.
Dopo un periodo di adattamento, in cui mora mora si cerca di abituarsi ad un nuovo stile di vita, ad una città terribilmente caotica, in cui tutti ti fissano un po’ con ammirazione, un po’ con sospetto perché sei un vazaha (straniero di pelle bianca), ecco che sono catapultata nelle attività da svolgere. Qui non ci si annoia mai, e mi ritengo fortunata perché ogni giorno è diverso, mi occupo di tante cose differenti e questo mi permette di avere sempre nuovi stimoli ed essere a contatto con persone diverse.
Ma il cuore della comunità sono loro, i ragazzi del centro di alfabetizzazione, che hanno dai 10 ai 15 anni. La mia quotidianità è scandita dalla loro, e anche se non trascorro con loro tutta la giornata, perché a volte mi trovo fuori per altre attività, sono le loro grida del mattino che accompagnano il mio risveglio, mentre giocano in cortile prima di cominciare i corsi; sono le loro voci quando mi chiamano e mi salutano da lontano “Bonjour Pieràn!!” a donarmi la gioia più grande; sono una partita a basket (in cui sono incredibilmente scarsa) o semplicemente stare a chiacchierare con loro (un po’ in francese, un po’ in malgascio, un po’ in italiano) i momenti che mi risollevano l’umore, quando sono triste; sono loro che mi fanno stancare più di tutti, perché quando facciamo lezione non mi ascoltano e fanno baccano, e perché la comunicazione con loro è spesso difficile, data la barriera linguistica che ci separa, ma quello che si prova dopo aver passato del tempo con loro è stanchezza mista a soddisfazione, quella che provi alla fine di una giornata piena, in cui sei sicura di aver dato e allo stesso tempo ricevuto tanto.
Nonostante le difficoltà, dopo qualche mese sento finalmente di entrare piano piano in connessione con loro, di farmi strada a poco a poco nei loro cuori e guadagnare un pochino della loro fiducia.
In alcune occasioni mi capita di fermarmi ad osservarli e di preoccuparmi già di come farò a salutarli a fine progetto, proiettandomi nel futuro mese di giugno 2025, quando dovrò tornare in Italia. Non riesco ad immaginare la mia quotidianità senza di loro. Ma so che è inutile preoccuparsi del futuro, che è importante concentrarsi sul presente, per vivere al meglio questa esperienza di vita e restare focalizzati sul qui e ora.
In Madagascar si impara a rallentare; si allena la propria pazienza; ci si abitua a vivere con l’eventualità che la corrente o l’acqua vadano via; si impara ad apprezzare le semplici e piccole cose quotidiane, come una veloce doccia calda o come la possibilità di tornare finalmente a leggere il proprio libro preferito senza dover usare per forza la torcia; si impara a ridimensionare quelli che a volte sembrano
problemi insormontabili, rendendosi conto che in fondo non sono poi così gravi; si inizia a guardare il mondo con occhi diversi e a rivalutare quali sono davvero le cose importanti della vita.
Questo e tantissimo altro è il servizio civile universale: è per ora l’esperienza più forte, spaventosa, costruttiva, difficile, entusiasmante, meravigliosa della mia vita.

Pieranna, operatrice volontaria SCU in Madagascar

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