Un tramonto rosso fuoco circonda i palazzi e le favelas di San Paolo; le macchine corrono veloci perdendosi in mille gomitoli di strade; i bambini rimangono lungo la carreggiata aspettando un semaforo rosso per avvicinarsi a vendere caramelle, sigarette, bibite… Poi la strada si fa meno trafficata e si esce dalla città, ci si perde nella vastità delle colline e in quel tramonto che diventa sempre più caldo e avvolgente. Tutto quello che i tuoi occhi hanno conosciuto fino a quel momento è sparito, come un lontano ricordo, e adesso non rimane altro che osservare tutto il nuovo che ti circonda. Ed è quello il momento esatto in cui ti rendi conto di essere lontano da casa, di aver attraversato l’oceano e di star cominciando una vita differente.
Ormai sono passati mesi dal mio arrivo in Brasile e in Araras, ma quel primo contatto con questa parte di mondo mi è rimasto impresso nella mente come un bel dipinto. Abbiamo imparato ben presto che nulla si può dare per scontato, che un saluto o un abbraccio possono fare la differenza e che fermarsi a fare due chiacchiere con i vicini, anche se per caso, fa nascere nuove simpatie. Qui abbiamo trovato amici, fratelli e addirittura nonni che si prendono cura di noi come fossimo una famiglia.
Tutte le mattine veniamo avvolti da abbracci, sorrisi, urla di gioia dei bambini della struttura, quasi come se non fosse così scontato che ci saremmo rivisti. E, tutto sommato, non gli si può dare torto. Le vite sono frenetiche, spesso si cambia lavoro, scuola e succede che per esigenze famigliari alcuni di loro devono lasciare la struttura. E allora lì capisci che, davvero, sia per noi che per loro, questo incontro mattutino può solo significare che ancora una volta possiamo condividere del tempo insieme, che possiamo giocare, cantare, ballare, litigare, innervosirci…rimanendo sempre amici gli uni con gli altri.
La verità è che, comunque, pur continuando ad avere una vita simile a quella che avevi a casa ovvero uscire per quattro chiacchiere, frequentare case culturali, teatri… ci sono momenti in cui ti senti cadere in una realtà ben diversa e a volte difficile da capire. Spesso sono i racconti dei bambini, degli educatori o degli amici che ti aprono la mente e ti lasciano vagare in mille pensieri e mille domande. Ricordo, però, di un particolare momento in cui ho preso coscienza dell’enorme divario che può esistere tra le persone che vivono nella stessa città. Una mattina, tornando a casa dopo aver assistito ad uno spettacolo in un bellissimo teatro nel centro della città di Araras, mi sento chiamare da un bambino della struttura in cui lavoro. Mi volto e vedo questa piccola creatura che mi guarda con un sorriso enorme e mi fa segno di raggiungerla. Aveva in mano una scatola del supermercato da cui spuntavano delle posate e dei bicchieri. Tutto esaltato, mi accompagna all’interno di un cortile e mi spiega che si stanno trasferendo in questa nuova casa che non è molto grande, ma almeno ha il bagno dentro, una cucina e due stanze. Così, finalmente, lui e la sorellina possono avere una camera solo per loro, senza doverla dividere con la madre. Abbiamo finito insieme di spostare gli ultimi mobili e di sistemare le ultime cose, poi abbiamo buttato il materasso per terra, quello in cui lui dorme, e ci siamo messi a giocare a carte. E lì ho davvero capito che non mancava più nulla, in quella casa c’era davvero tutto, compreso l’amore.
Mi auguro di tornare con occhi nuovi, che possano riflettere e trasmettere i colori delle vite incontrate e gli odori respirati. Mi auguro di riuscire a crescere donando e apprendendo, libera da pregiudizi e costrizioni. Mi auguro di portare a termine questa esperienza lasciando un pezzo di cuore quaggiù, perché sicuramente, questo posto, lascerà un segno nel mio.
Chiara, operatrice volontaria SCU in Brasile